Voi intrecciate il vostro sangue,
stendendo
le razze l'una incrociata nell'altra,
vite su vite, volti
riconoscibili agli occhi talvolta.
Scendete lungo la camera buia
delle tempeste-et�,
brucate la prateria del mare,
attraversate il telo celeste
ma io riempio il vostro passaggio
di solitudine:
dove andranno
le ore dell'estate?
Dove rispunter� il cielo di ieri?
Poi scendete dall'albero
della creazione, cigolate appena
sul carrello, rientrate
nella polvere fine.
Sempre
io vi tormento
dalla mia zolla, dalla nube aerea,
generazioni, ere
incerte e febbrili.
E non avete ancora
camminato abbastanza.
Daniele Piccini
Ti porto via
dalla plancia di comando
di questo cimitero
che prende il mare.
Vecchia cellula erosa
abituata ai venti,
ne guido l'abside di vedetta.
Tu nel ponte, sottocoperta, primo
mio viaggiatore am...
Sei stato come certe
fiorite di ginestre in autostrada
che fanno invidia al sole,
brevi a giugno
come colpi al cuore,
come fiammate di luce
che aumentano le spine,
senza cui niente � uguale,
niente va...