Voi intrecciate il vostro sangue,
stendendo
le razze l'una incrociata nell'altra,
vite su vite, volti
riconoscibili agli occhi talvolta.
Scendete lungo la camera buia
delle tempeste-et�,
brucate la prateria del mare,
attraversate il telo celeste
ma io riempio il vostro passaggio
di solitudine:
dove andranno
le ore dell'estate?
Dove rispunter� il cielo di ieri?
Poi scendete dall'albero
della creazione, cigolate appena
sul carrello, rientrate
nella polvere fine.
Sempre
io vi tormento
dalla mia zolla, dalla nube aerea,
generazioni, ere
incerte e febbrili.
E non avete ancora
camminato abbastanza.
Daniele Piccini