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Cesare Pavese: Chi fossero i miei compagni di quelle giornate, no



Chi fossero i miei compagni di quelle giornate, non ricordo. Vivevano in una casa del paese, mi pare, di fronte a noi, dei ragazzi scamiciati - due - forse fratelli. Uno si chiamava Pale, da Pasquale, e pu� darsi che attribuisca il suo nome all'altro. Ma erano tanti i ragazzi che conoscevo di qua e di l�.
Questo Pale - lungo lungo, con una bocca da cavallo - quando suo padre gliene dava un fracco scappava da casa a mancava per due o tre giorni; sicch�, quando ricompariva, il padre era gi� all'agguato con la cinghia e tornava a spellarlo, e lui scappava un'altra volta e sua madre lo chiamava a gran voce, maledicendolo, da quella finestra scrostata che guardava sui prati, sui boschi del fiume, verso lo sbocco della valle.


Cesare Pavese

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Solo ciò che è trascorso o mutato o scomparso ci rivela il suo volto reale.

L'unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché è cominciare, sempre, ad ogni istante.

Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma.