Giovanni Pascoli: O voi che, mentre i culmini Apuani il sole cinge d



O voi che, mentre i culmini Apuani
il sole cinge d'un vapor vermiglio,
e fa di contro splendere i lontani
vetri di Tiglio;
venite a questa fonte nuova, sulle
teste la brocca, netta come specchio,
equilibrando tremula, fanciulle
di Castelvecchio;
e nella strada che gi� s'ombra, il busso
picchia d� duri zoccoli, e la gonna
stiocca passando, e suona eterno il flusso
della Corsonna:
fanciulle, io sono l'acqua della Borra,
dove brusivo con un lieve rombo
sotto i castagni; ora convien che corra
chiusa nel piombo.
A voi, prigione dalle verdi alture,
pura di vena, vergine di fango,
scendo; a voi sgorgo facile: ma, pure
vergini, piango:
non come piange nel salir grondando
l'acqua tra l'aspro cigol�o del pozzo:
io solo mando tra il gorgoglio blando
qualche singhiozzo.
Oh! la mia vita di solinga polla
nel taciturno colle delle capre!
Udir soltanto foglia che si crolla,
cardo che s'apre,
vespa che ronza, e queruli richiami
del forasiepe! Il mio cantar sommesso
era tra i poggi ornati di ciclami
sempre lo stesso;
sempre s� dolce! E nelle estive notti,
pi�, se l'eterno mio lamento solo
s'accompagnava ai gemiti interrotti
dell'assiuolo,
pi� dolce, pi�! Ma date a me, ragazze
di Castelvecchio, date a me le nuove
del mondo bello: che si fa? Le guazze
cadono, o piove?
E per le selve ancora si tracoglie,
o fate appietto? Ed il metato fuma,
o gi� picchiate? Aspettano le foglie
molli la bruma,
o le crinelle empite n� frondai
in cui dall'Alpe � scesa qualche breve
frasca di faggio? Od � gi� l'Alpe ormai
bianca di neve?
Pi� nulla io vedo, io che vedea non molto
quando chiamavo, con il mio rumore
fresco, il fanciullo che cogliea nel folto
macole e more.
Col nepotino a me ven�a la bianca
vecchia, la Matta; e tuttavia la vedo
andare come vaccherella stanca
va col suo redo.
Nella deserta chiesa che rovina,
vive la bianca Matta dei Beghelli
pi�? Desta lei la sveglia mattutina
pi�, d� fringuelli?
Essa veniva al garrulo mio rivo
sempre garrendo dentro s�, la vecchia:
e io, garrendo ancora pi�, l'empivo
sempre la secchia.
Ah! che credevo d'essere sua cosa!
Con lei parlavo, ella parlava meco,
come una voce nella valle ombrosa
parla con l'eco.
Per� singhiozzo ripensando a questa
che lasciai nella chiesa solitaria,
che avea due cose al mondo, e gliene resta
l'una, ch'� l'aria.


Giovanni Pascoli

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