Quando ci si è emancipati, per merito o per fortuna, dai bisogni materiali, si può dire impunemente quello che si vuole.
Quanto ci piace far finta di essere buoni.
Quei sapientoni che ti fanno addormentare.
Quel bisogno assurdo di socievolezza (credo quia absurdum est)
Quel darsi tanto da fare per poi approdare inevitabilmente al nulla.
Quel pessimismo imputato sempre alle menti migliori.
Quel predicare il bene dando per scontato il male.
Quell'andare sull'orlo del precipizio da cui sgorga il tuo genio.
Quell'inebriante/estenuante restare sempre sospesi tra terra e cielo.
Quella credulità sorella dell'indigenza.
Quella disuguaglianza che ti vieta l'amicizia.
Quella mancanza di pietà chiamata carità.
Quelle bugie così necessarie.
Quelle domande in sospeso che attraversano la tua intera esistenza.
Quelle ferite al cuore non rimarginabili.
Quello sgomento che ti prende di fronte all'imperversare del male nel mondo non comunicabile.
Scendere in campo è sempre rischioso: pensa a che cos'è successo al buon Dio quando si è fatto uomo.
Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli.
Scrivere ? viaggiare senza la seccatura dei bagagli.
Scrivere: l'urgenza di riferire innanzitutto a se stessi qualcosa che si è improvvisamente disvelato ai propri occhi.
Se a rubare ? un ladro piccolo lo si mette in galera, se ? un ladro grande lo si manda a Roma.
E se ? una nazione intera?
Lo studiamo nei libri di storia.
Se Andrea, di Pietro della Gondola detto, non avesse mai incontrato Giangiorgio Trissino, per noi oggi Palladio sarebbe soltanto il nome di un elemento chimico.
Se fossi un aquilone vorrei essere fosforescente perché in notti buie come queste tu mi terresti d'occhio. Grazie per aver tenuto forte quel filo.
Se il tuo ruolo ti impone di amarmi preferisco non essere amato.
Se l'asino acquistasse fiducia in s? prima o poi imparerebbe a nitrire.