Giuseppe Catalfamo: Svengo, la fronte perlata di sudore brucia, il san



Svengo, la fronte perlata di sudore brucia, il sangue scorre veloce, troppo, stupido e inconsapevole il mio corpo non sa che ora � la mente che comanda. Veloce sfreccia il mezzo meccanico fra strade sconosciute "hopital, hopital, hopital" sento gridare da indistinte voci nell'altro emisfero, riverso, lontano dalla guida i sedili fagocitano il tatto, non la mente che sorniona osserva atteggiamenti conservativi "non crucciatevi amici, muoio, muoio e sorrido consapevole, lo voglio io...". Tutto a rallentatore, sembrano innumerevoli le mani, solo mani e volti indefiniti, sfaccettati alla stregua del periodo blu picassiano, lenti, lenti e inesorabili. Vedo me, mi vedo da uno dei quattro angoli dello stanzone, l'angolo a nord dalla parte destra, camici bianco ghiaccio in un contesto bluastro, il mio corpo � inerme come il tavolo di metallo sul quale � pesantemente poggiato, inerme e trasparente. L'ago � un fiore, sgorga clorofilla che s'immette nelle vene, vedo la linfa che irrora placidamente ogni piega dei miei organi, un terribile benessere. Maurizio, dev'essere lui, mi poggia due dita sulla tempia, con estrema dolcezza le muove roteandole, si materializza una forgia con un enorme mantice, le dita mutano diventando una manovella collegata al cervello, ogni volta che rotea le dita la materia grigia fa un giro su se stessa all'interno della forgia, il rumore del mantice � un respiro accattivante, ogni giro � una falce che miete morte, innumerevoli capriole innumerevoli decessi... fin quando la linfa ha la meglio sul cervello. Quando apro gli occhi sono le 5 di mattino, Maurizio � vicino me e sorride, percependo la coscienza so di conoscere un altro mondo che non vorr� mai pi� vedere.

Giuseppe Catalfamo

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